N° 67

                                                                                                           

RITORNO A CASA

 

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Trovarsi in questa situazione non è poi così strano per Tony Stark da quando ha indossato per la prima volta i panni metallici di Iron Man ma è difficile restare impassibili quando quella davanti a lui è una versione di se stesso con circa una decina di anni n più che gli dice:

-Sì… io sono te…e ti stavo aspettando.-

<<Mi stavi aspettando?>> esclama Iron Man

-Mi stavi aspettando?- dice praticamente all’unisono con lui l’altro Tony poi aggiunge -Ricordavo bene… non che fosse una frase così difficile in fondo. Certo che ti stavo aspettando, dopotutto ho già vissuto questa scena dal tuo punto di vista… quindici anni fa.-

<<Quindici anni? Se mi stavi aspettando, questo vuol dire che tu sei… che io sono riuscito a tornare a casa. I viaggi nel tempo mi fanno venire…>>

-… il mal di testa, lo so. È ancora così anche per me.-

<<Non mi consola granché.>>

        Iron Man si guarda intorno. Questo è il suo studio alla Stark Tower, non c’è dubbio. Non è cambiato molto in 15 anni e questo, in qualche modo, è rassicurante. Vede una foto sulla scrivania e nonostante siano decisamente più vecchi in quel ritratto, riconosce subito i suoi figli: Philip, Kathy e Andy. Istintivamente la prende in mano.

-Sì… sono proprio loro.- conferma il suo doppio più anziano -Vorresti sapere cosa fanno adesso non è vero?-

<<Ti sentivi un po’ irritato anche tu a sentirti anticipare ogni tua domanda?>>

-Ora che mi ci fai pensare… sì. E prima che tu me lo chieda, no: non l’ho trovata una risposta soddisfacente allora.-

            Tony ripone la foto sul ripiano della scrivania.

<<Mi basterebbe sapere che stanno bene.>>

-Sono vivi ed in buona salute, ti basti sapere questo. La troppa conoscenza del futuro può essere pericolosa, lo sai.-

<<Già… immagino che dovrò accontentarmi della tua risposta. Beh… e ora?>>

-E ora ti rimanderò al tuo giusto tempo e in fretta. Sono ben 15 anni che aspetto di farlo.-

 

            Kenzo Fujikawa mostra chiari segni di impazienza mentre si rivolge allo scienziato chino su un ripiano di uno dei laboratori della Stark-Fujikawa.

-E allora, Dottor Hawkins, che mi dice?-

            Robert Hawkins, detto Hawk, solleva appena la testa dall’oggetto sul ripiano, un guanto di metallo, mentre risponde:

-Oh… duplicare il guanto non è particolarmente difficile. I suoi circuiti sono chiaramente tecnologia Stark con qualche variante minima. Quello che è… affascinante è la fonte di energia.-

-In che senso?-

-Nel senso che non c’è… o meglio… sembra che il guanto stesso sia in grado di autorigenerarla… e non abbiamo… non ho ancora capito come. Dove ha detto che lo ha preso quella… Cybermancer?-

-Per quanto possa sembrare assurdo o paradossale, lo ha sottratto ad una sua versione da un’altra dimensione che era diventata una maniaca omicida.-[1] spiega il giapponese.

-Ho smesso di sorprendermi di certe cose da un pezzo.- commenta l’ingegnere -Quindi, devo presumere che anche Miss Endo abbia incontrato i miei stessi problemi con la fonte di energia o magari non le importava. Sospetto che il guanto attinga ad una qualche energia interdimensionale.-

-Lei parla del guanto come se fosse una cosa viva.- interviene Meredith McCall -Io… ho avuto una sensazione simile quando l’ho preso in consegna… come se mi chiamasse.-

-Tutte suggestioni, mia cara.- taglia corto Fujikawa –Quel guanto è solo un pezzo di metallo… un bel pezzo di metallo di cui il nostro Ingegnere Capo scoprirà i segreti. Quella fonte di energia autorigenerante di cui parlava dottore… se riuscissimo ad accedervi, che colpo sarebbe.-

            Meredith annuisce poco convinta. Ricorda ancora la sensazione provata quella notte che si sentì spinta ad aprire il contenitore a tenuta stagna del guanto, di come le sembrava di udire una voce che le sussurrava: “Mettimi” a cui resistette a fatica.

            Ken può dire che vuole, ma se un artefatto di metallo può essere malvagio, quel guanto lo è, lei lo sente.

 

            Glenda Sandoval entra nella tenda di Joshua N’Dingi, che la saluta allegramente:

-Benvenuta dottoressa. È venuta qui per la sua dose quotidiana?-

-Preferirei che usasse un altro termine quando si riferisce all’antidoto al veleno che mi ha somministrato per convincere mio marito e War Machine ad aiutarla nei suoi folli piani di conquista.-

-Sto solo facendo quello che è meglio per la mia gente… per pacificare questa nazione. La gente di Rudyarda ha diritto alla pace.- replica N’Dingi.

-E questa sarebbe una giustificazione al suo comportamento Dottor Crocodile?- replica Glenda mentre assume la sua dose di antidoto.

-Il fine giustifica i mezzi. Non sono stato io il primo a dirlo.-

-C’è un uomo in Europa… anche lui si fa chiamare Dottore ed è sfigurato. Si ritiene migliore degli altri e crede che questo basti a giustificare le sue azioni.  Lei non è molto diverso in fondo.-

            Senza aspettare risposta Glenda esce dalla tenda e si imbatte in War Machine.

<<tutto bene Glenda?>> le chiede.

-Vivrò per un altro giorno, se è questo che vuoi sapere. Scusa: non ce l’ho con te, stai facendo così tanto per me.-

<<Tu e Parnell siete miei amici, non potevo tirarmi indietro.>> replica convinto Jim Rhodes.

-Potevi, invece. Tua moglie mi odierà per averti messo nei guai.-

<<Lei è una donna molto comprensiva… forse troppo. Mi ha solo raccomandato di restare vivo.>>

        Glenda si lascia scappare un sorriso.

-Giusta raccomandazione. È una donna in gamba sembra. Non avete ancora figli, vero?-

<<Perché me lo chiedi? Comunque… no, non ne abbiamo nemmeno parlato. Neanche tu e Parnell ne avete no?>>

            Il volto di Glenda si incupisce. Esita un istante, poi risponde:

-Io… non posso avere figli. Anni fa sono rimasta incinta e ho avuto un aborto spontaneo… beh… diciamo che ci sono state sfortunate conseguenze.-

<<Non lo sapevo. Mi… Mi spiace. Per Parnell non deve essere stato facile da affrontare.>>

            Altra esitazione da parte di Glenda, poi la donna continua:

-È accaduto prima che lo conoscessi. Ho affrontato tutto da sola.-

<<Ma allora… sono un vero idiota. Perché non me lo ha mai detto?>>

-Tu eri lontano all’epoca e quando tornasti… beh perché affliggerti? Ormai era troppo tardi e poi arrivò Parnell.-

<<Qualche anno fa, quando provai a presentare Rae ai miei genitori, mio padre mi disse che avevo messo incinta una mia vecchia fiamma. Pensavo lo avesse detto per tormentarmi perché disapprovava la mia relazione con una bianca ma ora… era di te che parlava.>>

-Non so perché te l’ho raccontato ora… forse per far pace con me stessa nel caso le cose andassero storte.-

<<Nulla andrà storto, vedrai, torneremo tutti a casa sani e salvi.>>

-Zitto ora. Sta arrivando Parnell e non voglio rivangare vecchie storie con lui.

            Parnell Jacobs, rivestito dell’armatura Warwear, saluta con calore la moglie e poi si rivolge al suo vecchio amico:

<<Sei pronto per l’ultimo atto?>>

<<Purché sia davvero l’ultimo atto.>> replica War Machine.

 

 

2.

 

 

            L’uomo non è più giovanissimo ma è ancora vigoroso, dà un’impressione di forza repressa, come una belva in gabbia, come se i bottoni del suo elegante abito a tre pezzi stessero per saltare da un momento all’altro incapaci di trattenere tutta quell’energia, specie ora che il sentimento che si nota sul suo viso può essere descritto solo come: rabbia.

-Vuoi spiegarmi cosa significa questo?- urla all’indirizzo dell’uomo di fronte a lui.

            L’altro cerca di rimanere calmo di fronte alla sfuriata e risponde:

-Semplice Sebastian: siamo di fronte ad un tentativo di acquisizione ostile da parte della Stark-Fujikawa.-

-Quel verme di Morgan Stark!- esclama Sebastian Shaw vibrando un violento pugno sul ripiano di un’antica scrivania di quercia su cui appare una leggera crepa.

-Ha avuto buon gioco.- replica il suo consulente finanziario –Ha approfittato del momento di debolezza delle Industrie Shaw dovuto anche a quella causa miliardaria per i danni causati dalle Sentinelle [2] e ha cominciato a raccogliere azioni sul mercato per poi lanciare un’OPA[3] ad un prezzo che tu non hai le risorse per rilanciare. Se vuoi un consiglio, dovresti chiedere la protezione del Capitolo 11 della Legge Fallimentare.-

-Mai. Ho sputato sangue per creare quest’azienda e non la mollerò senza lottare. Morgan Stark ed i suoi alleati si accorgeranno presto che se la sono presa con l’uomo sbagliato.-

 

            A circa 15 anni nel futuro Tony Stark si rivolge al se stesso più anziano:

<<Tu puoi rimandarmi a casa?>>

-Ovviamente sì.- risponde l’altro Tony -Costruire una macchina del tempo è solo un problema di ingegneria dopotutto e per risolverlo basta avere le cognizioni giuste e una volta tornato a casa, non ho fatto altro che chiedere l’aiuto di una vera autorità in materia.-

<<Spero che tu ti riferisca a Reed Richards e non al Dottor Destino.>>

-Ovviamente. Non ci sarebbe molto da fidarsi a chiedere al Dottor Destino… anche se effettivamente forse nessuno ne sa più di lui in fatto di viaggi nel tempo, Reed mi ha aiutato a costruire un congegno che ti libererà delle energie cronali assimilate a causa della bomba del Fantasma e ti rimanderà nel tuo giusto tempo. Non ho mai avuto modo di testarlo ma so che funzionerà… perché lo ha fatto.-

<<Quindi stai per usare su di me un dispositivo che se ne sta ad ammuffire da 15 anni convinto che funzionerà perché nel tuo passato è stato usato su di te quando eri al mio posto e sei stato rimandato nel tuo giusto tempo permanentemente? Mi viene il mal di testa solo a pensarci.>>

-Già… è proprio quel che ho detto anch’io. Bel paradosso eh? Vieni. Dobbiamo scendere nel laboratorio segreto.-

<<Credevo lo tenessi in tasca. La miniaturizzazione non è migliorata in questi 15 anni?>>

-Conosci Reed. Non è capace di costruire nulla che sia più piccolo di un armadio.-

            Senza dire altro il Tony Stark anziano preme un bottone facendo scivolare una paratia nascosta.

-Dopo di te…- dice cedendo il passo alla sua controparte in armatura -… sono certo che conosci la strada.-

 

            Il luogo è Ventimiglia, in territorio italiano, poco oltre il confine con la Francia. La coppia formata da un uomo dai capelli rossi e una ragazza bionda viene notata da un uomo che prende a seguirli e che sussurra usando un laringofono:

-Li abbiamo trovati.-

            La chiamata viene ritrasmessa fino a raggiungere una stanza dove si trovano: un uomo di mezza età dai capelli neri e le tempie imbiancate che veste uno smoking di foggia ottocentesca e porta un monocolo all’occhio destro e una donna bionda che veste un ridottissimo bikini di pelle nera a cui piedi sono accucciate due pantere.

<<Li abbiamo trovati, signor Conte. Sono a Ventimiglia.-

-Perfetto. Catturateli con discrezione e portateli qui.- ordina il Conte Nefaria.

<<Come desidera signore. Non dovrebbe essere difficile. A quanto sembra non si sono accorti di essere seguiti e non sembra che si preparino a partire. Lei ha con sé solo una borsetta e lui una piccola valigetta.>>

-Una valigetta hai detto?- c’è una nota ansiosa nella voce di Nefaria adesso -Di pelle nera del tipo ventiquattr’ore per caso?-

<<Beh… sì.>>

-Dovete impadronirvene il prima possibile e tenerla lontana da O’Brien dopo averlo catturato e in nessun caso… ripeto: in nessun caso… dovete tentare di aprirla. Riportatemela intatta.-

<<Come desidera signore.>>

            Terminata la comunicazione la donna di nome Pavane chiede:

-Cos’ha di così importante per te quella valigetta Luchino?-

            Lui sogghigna e risponde:

-Forse il più importante segreto su cui abbia mai cercato di mettere le mani, ma questo non deve riguardarti ora.-

            Questo è da vedersi mio caro Conte, pensa Pavane, è proprio da vedersi.

 

 

3.

 

 

           

            La figura grottesca di MODOK avanza sospesa a mezz’aria sulla sedia tecnologica che è al tempo stesso il suo sostegno ed il suo mezzo di locomozione. Sul suo volto un’espressione di frustrazione.

-Eppure deve essere qui.-

<<Se mi dici che cosa cerchi, magari posso aiutarti.>> a parlare è stato Iron Man e con l’inventore dell’armatura ancora perso nel tempo, è Eddie March ad indossarla qui nella sede della REvolution, in un laboratorio la cui entrata è stata devastata da uno dei razzi di MODOK.[4]

-Ancora tu?- sibila il capo di una fazione ribelle dell’A.I.M. -Perché devi venirmi sempre tra i piedi?-

<<Non lo so: magari hai pescato il biglietto sbagliato alla lotteria o Capitan America era troppo occupata questa settimana.>>

            Senza replicare MODOK gli spara contro una scarica laser ma Eddie se l’aspettava e la intercetta con un uniraggio.

<<Ascolta, amico. Comincio davvero ad essere stufo di quelli come te che vengono qui a far danni rovinando la giornata ad un sacco di brave persone. Stanno davvero cominciando a prudermi le nocche, ti avverto.>>

            Eddie spicca il volo e piomba a tutta velocità contro MODOK che viene proiettato contro una parete e perde il controllo della sua sedia da cui cade.

            Il suo fisico non può sopportare il peso della sua enorme testa che lo trattiene al suolo.

<<Ma guarda un po’…>> commenta Iron Man alzandosi <<Non mi sembri più tanto in forma adesso.>>

-Non sono ancora finito.- replica rabbiosamente MODOK poi la fascia sulla sua fronte comincia ad illuminarsi sempre di più.

 

            Rebecca Bergier fissa la giovane donna dai capelli neri vestita di rosso che siede davanti a lei ad un tavolo di un noto ristorante che le chiede:

-Ho qualcosa che non va? Mi stai fissando in un modo strano.-

            Rebecca si dà della stupida. Ci mancherebbe che rovinasse tutto. Decide di essere sincera.

-È che ancora non riesco a credere che tu abbia accettato il mio invito a cena, Linda.- risponde.

-Davvero lo trovi così strano?- replica Linda Carter.

-Beh… non è come trovarsi ad un bar a prendere un caffè. È un appuntamento e tu sai che io… io sono…-

-Sei quel che sei come io sono quel che sono. Sapevo quel che facevo quando ho accettato il tuo invito. Ed ora smettiamo di parlarne e pensiamo ad ordinare.-

            Rebecca annuisce convinta di avere ancora in volto un sorriso stupido.

 

            New York. 15 anni nel futuro. Tony Stark si sente davvero strano mentre osserva il laboratorio… il suo laboratorio solo 15 anni più vecchio. La sua controparte più anziana lo osserva divertito.

-So come ti senti, ricordo le mie reazioni quando ero al tuo posto… e credo anche di ricordare cosa stai per dirmi.-

<<Che una volta tanto sono contento di non essere finito in un futuro distopico dove tutto è andato storto e qualche mio discendente cerca di uccidermi?>> gli chiede Tony.

-Beh…sì…a parte che per me questo è il presente è che a volte fatico a tenere in riga Arno, direi che non ce la passiamo male. Certo non tutto è stato rose e fiori ma tutto sommato non ci andata peggio che nei 15 anni precedenti.-

<<Considerato quante ne ho passate, non so se la cosa mi consola.>>

-Immagino di no. Bene, che ne dici di cominciare?-

<<Non aspetto altro. Che devo fare?>>

-Solo tenerti stretto a quelle due sbarre.-

            Il Tony anziano indica all’altro due maniglie che spuntano da uno strano congegno incassato in una parete. Iron Man le afferra saldamente e poi chiede:

<<E adesso?>>

-E adesso tocca a me… Oh ho dimenticato di dirti che farà un po’ male all’inizio… ma poi passa.-

<<Cosa?>>

            Un fiotto di energia investe Tony che sente tutto il suo corpo fremere per un dolore acuto che dura forse meno di un secondo, poi viene ricoperto da una luce intensa e diviene sempre più evanescente.

            Un attimo prima di sparire sente il suo io futuro dire:

-Salutami Eddie… e bacia Pepper quando la vedi.-

            Poi tutto scompare e lui si sente cadere nel vuoto.

 

 

4.

 

 

            Uno sfarfallio improvviso e quando Eddie March riprende a vederci ha una sorpresa. Davanti a lui c’è un altro Iron Man che con voce un po’ incerta dice:

<<Eddie?>>

<<Tony?>> esclama Eddie sorpreso <<Sei davvero tu?>>

<<Beh…sì… sono io. Ti spiace dirmi in che giorno e anno siamo?>>

            Eddie risponde e sotto il suo casco Tony Stark sospira di sollievo: è davvero tornato a casa.

            I due Iron Men si scambiano le rispettive ultime notizie.

<<Pepper è sempre stata convinta che tu fossi vivo e aveva ragione.>> dice Eddie <<Certo, non immaginava nessuno che tu stessi viaggiando nel tempo ma neanche noi siamo stati con le mani in mano. MODOK è sparito poco prima che tu arrivassi. Forse si è auto disintegrato.>>

            Tony scuote la testa.

<<Io non ci conterei.>> replica <<È molto più che si sia teleportato al sicuro e che prima o poi torni a renderci la vita difficile. Sei stato in gamba a bloccarlo, Eddie, impedendogli di prendere ciò che voleva.>>

-Beh… grazie. Ma cosa voleva? Io non l’ho ancora capito.>>

<<Credo di avere qualche idea al riguardo, ma ne riparleremo in un altro momento. Adesso ho troppa voglia di rivedere Pepper. Ci sentiamo presto Eddie.>>

            Il rombo sordo dei jet degli stivali, un balzo verso l’alto e una figura rossa e oro si staglia nel cielo diretta verso Manhattan.

 

            Rientrando a casa dopo la scuola Kathy Finch alza istintivamente gli occhi al cielo e vede la scia che si dirige verso la torre. Le pare che ci sia qualcosa di rosso e oro là in mezzo. Iron Man che va a fare rapporto? Forse… ma rapporto a chi? Suo padre, Tony Stark, sembra letteralmente sparito da almeno un paio di giorni. Forse va da quella Potts con cui lui vive da qualche tempo, la ragione per cui ora lei, suo fratello e sua madre non vivono più nell’attico ma in uno di piani inferiori della Stark Tower. In fondo, però non ce l’ha con lei per questo: la capisce se non vuole intrusi intorno quando è con Tony

-Se tieni la testa per aria, finirai per sbatterla da qualche parte.-

            I sogni ad occhi aperti di Kathy si interrompono di colpo e lei si trova di fronte un ragazzo apparentemente poco più vecchio di lei dai capelli biondi e gli occhi verdi. Lo riconosce: è uno dei figli della nuova arrivata che lavora per la REvolution. Come si chiama?

-Ah… sei tu.- lo apostrofa con ostentata indifferenza.

            Lui sorride. Tutto sommato è carino, pensa Kathy dandosi contemporaneamente della stupida.

-Forse dovevo lasciare che mi venissi addosso, giusto per vedere se ti saresti scusata come ho fatto io l’altro giorno.- le dice.

-Che razza di… di…  impertinente.-

-Impertinente? Ma come vi insegnano ad essere educate in quelle vostre esclusive scuole per ricchi. A proposito di educazione, io sono Tom Byrnes. Tu sei Kathy Stark, giusto?-

-Katherine Finch in realtà… è… complicato.-

-Perché non me lo spieghi davanti a un gelato? Offro io, posso permettermelo.-

-Sei proprio sfacciato… ma accetto.-

 

            Pepper Potts sta guardando i cartoni animati col figlio Andy quando sente un rumore provenire dallo studio privato di Tony. C’è qualcuno forse? E chi può essere? Nessuno può entrare lì dentro senza far scattare gli allarmi sofisticati progettati da Tony. Lo potrebbe fare lo Spettro ma è incarcerato alla Volta e quindi chi…?

            La porta si apre ed ecco uscire un volto sorridente e noto.

-Papà…- urla Andy –Papà è tornato.-

-Tony!- esclama Pepper e senza perdere tempo gli corre incontro abbracciandolo e baciandolo.

-Ehi…- replica lui -… se ogni volta che scompaio per un paio di giorni reagisci così, mi sa che dovrei provarci più spesso.-

            Grosse lacrime rigano il volto di Pepper.

-Non sai quanto sono stata in pena.-

-Davvero? Curioso: Eddie March mi ha detto che sei sempre stata convinta che ero vivo.-

-Eddie parla troppo.-

            Mentre Pepper Sorride e si asciuga le lacrime, Tony si china sul figlio adottivo e gli chiede:

-E tu, giovanotto? Eri preoccupato anche tu?-

-No… lo so che torni sempre.-

-Beata innocenza.- esclama Tony.

-Incoscienza vorrai dire.- ribatte Pepper.

            Guarda Tony intensamente e dice:

-Mi sei mancato davvero.-

-E tu a me, Pep…e anche tu campione.-

-Dove sei stato, papà?- chiede il bambino.

-Dove sono stato? Non è facile da raccontare. E se ti dicessi che dove sono stato c’erano torri scintillanti e belle regine in pericolo?-

-E i draghi? C’erano anche i draghi?-

-Ahimè, non mi pare di averne visti ma c’era un brutto mago cattivo.-

            Pepper sorride soddisfatta. Tutto è a posto adesso.

 

 

5.

 

 

            Una mano rugosa preme un tasto di un telecomando e si sintonizza su un canale all news.

<<… e la ricomparsa stasera alla cerimonia degli Emmy Awards di Tony Stark al fianco della sua compagna Virginia Potts ha posto fine a voci incontrollate sul suo conto dopo che da qualche giorno non si sapeva più nulla di lui, ma sentiamo cosa ci ha detto lui stesso ai nostri microfoni:

<Sinceramente non capisco tutto questo interesse. MI sono preso solo un paio di giorni per lavorare in pace su un nuovo progetto. Da quando ho rinunciato ad ogni carica operativa nel gruppo REvolution, mi dedico con maggiore impegno allo sviluppo di tecnologie sempre più innovative,>

<Quando ne sapremo di più?>

<Sinceramente, questo lo saprete al momento opportuno dal nostro ufficio stampa.>

E con questo è tutto da...>>

-Sei un bastardo fortunato, Stark.- commenta una voce d’uomo –Molto fortunato.-

            Un nuovo cambio di canale e altre notizie:

<<… continua la lenta ma inesorabile avanzata del truppe del Mbangawi, guidate personalmente dal suo presidente Joshua N’Dingi, nel cuore della Rudyarda. Dopo aver avuto ragione delle altre fazioni in lotta, ora si appresta a espugnare l’ultimo bastione del potere bianco che una volta dominava questa nazione opprimendo la maggioranza nera della popolazione con un rigido regime di apartheid. Nel frattempo le Nazioni Unite, bloccate da veti incrociati, si sono ancora una volta dimostrate incapaci di intervenire mentre si moltiplicano le notizie della commissione di atrocità commesse da tutte le parti in lotta e prendono sempre più corpo le voci che danno per certa la presenza di due famosi super mercenari tecnologici: War Machine, probabilmente un ex Iron Man rinnegato, e Warwear, già membro dell’agenzia di contractor superumani chiamata Justice Inc.>>

-Quei maledetti seccatori in armatura sono dappertutto ormai.- commenta l’uomo alzandosi e versandosi un whisky all’angolo bar -Quel maledetto War Machine specialmente. Non ho ancora finito con lui.-

            Un altro click ed un altro telegiornale:

<<… la REvolution Inc. ha rilasciato un comunicato in cui afferma che mentre deplora le violenze in Rudyarda, ribadisce di non avere legami di alcun genere con War Machine e che nessuna tecnologia REvolution è usata nel conflitto.>>

-Certo che no, idiota. È la mia tecnologia… sono le mie armi a mandare avanti quel conflitto. Le vendo a tutte le fazioni. Chiunque vinca, io guadagno.-

            Il vecchio ridacchia e spegne la TV.

 

            Nella sede della Stark-Fujikawa a Flushing, Queens c’è ancora chi lavora e tra questi c’è Sunset Bain che sta dando un’ultima occhiata agli affari del giorno. Il progetto Steel Warrior assorbe ancora molta della sua attenzione ma deve ammettere che la scalata alle industrie Shaw la sta eccitando davvero. Tutto quel potenziale sotto il suo controllo...

            La voce della sua segretaria proveniente dall’interfono la riscuote:

<<Miss Bain… c’è Mr. Sebastian Shaw sulla linea due.>>

            Sebastian Shaw, che interessante coincidenza. Che vorrà mai? C’è un solo modo per saperlo:

-Passamelo Doris.- un breve attimo e poi…-Sebastian che piacere sentirti. Che posso fare per te? Certo che dirigo l’acquisizione. Sono solo affari Sebastian nulla di personale. Tu dovresti capirmi. Un incontro tra noi due? Sarebbe un po’ irregolare ma io non sono mai stata un tipo convenzionale. Quando e dove? Sì domani sera sono libera e si: so benissimo dov’è il Club Infernale, ne sono socia. Come devo venire vestita?- un sorriso malizioso si disegna sul volto di Sunset -Perfetto… adoro le calze a rete. A domani allora.-

            La donna riappende il telefono e sogghigna soddisfatta.

 

            Poco fuori Tokio, Giappone. Kenshiro Fujikawa siede sul tatami e medita ad occhi chiusi. Improvvisamente un dolore sordo lo coglie al petto. Riesce solo ad articolare un gemito poi crolla in avanti sul pavimento.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Onestamente, non ho nulla da aggiungere su quest’episodio a parte ricordarvi che fu su War Machine Vol. 1° #13, inedito in Italia, che David Rhodes, il padre di Jim, rivelò al figlio che quando aveva lasciato Philadelphia si era lasciato dietro una ex fidanzata incinta. Solo adesso il sottoscritto ha dato una risposta a questa trama irrisolta e ad onta di quanto si dice di solito del sottoscritto, senza aggiungere altri figli a questa serie.

Vi invito quindi a tornare per il prossimo episodio dove War Machine e Warwear dovranno prendere serie decisioni. Tony Stark cercherà di riallacciare i rapporti con i suoi figli e Mike O’Brien si troverà in grossi guai. In più: le nostre solite sottotrame. Non mancate.

 

 

Carlo



[1] Una versione necessariamente sintetica di eventi accaduti negli ultimi numeri della serie Force Works.

[2] Mostrati su Vendicatori Segreti #20 e Vendicatori #90.

[3] Offerta Pubblica di Acquisto.

[4] Nello scorso episodio ovviamente.